CINEMA IN SENSO STRETTO: 9 GIUGNO 2010
I festival cinematografici si sa non sono solo cinema, anzi, il più delle volte sembra quasi che il protagonista principale sia un semplice eroe per caso…
Oltre che raccontarvi l’atmosfera esuberante del festival cercherò di raccontarvi il festival dal punto di vista di una semplice cinefila.
The Most Dangerous Man in America (USA/2009/94′) di Judith Ehrlich e Rick Goldsmith è il coraggioso documentario che parla della storia del determinato Daniel Ellsberg che nel 1971 si guadagnò, secondo Kissinger, il titolo di “uomo più pericoloso d’America, da fermare a tutti i costi”: la sua colpa fu quella di svelare al mondo i famosi Pentagon Papers, una serie di menzogne che il governo nascondeva alla popolazione americana dietro la guerra in Vietnam che durò ben venticinque anni.
In precedenza forte sostenitore della Guerra in Vietnam – fu proprio lui, in qualità di collaboratore del Segretario della difesa Robert McNamara a fornire dettagli cruenti su improbabili rappresaglie dei Vietcong nei confronti dei soldati americani che convinsero il Congresso americano ad aumentare i finanziamenti alla Guerra in Vietnam – una serie di incredibili eventi lo porteranno dall’altra parte politica. Diventerà, infatti, un forte sostenitore della fine degli inutili bombardamenti americani nella penisola indocinese, fino ad arrivare all’estremo atto: inviare al New York Times i Pentagon Papers, uno studio commissionato dallo stesso McNamara a metà conflitto che rivelava come il governo americano avesse sempre mentito sulla sua reale posizione in Vietnam e, in tutta la penisola indocinese in generale, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino agli inizi degli anni Settanta.
Un documentario davvero straordinario, non solo per la storia narrata, ma un pezzo di cinema ricostruito alla perfezione. I due registi non hanno lasciato niente al caso: sono riuscita a tracciare una biografia imparziale di un personaggio che ha così tanto cambiato e, senza dubbio sconvolto, lo scenario politico americano. Una biografia piuttosto contorta che poteva tranquillamente finire in un banale atto di accusa nei confronti della politica americana (in pieno stile Michael Moore) ma che, per fortuna, non termina così. Lo stile narrativo è semplice ma pungente. Niente nella vita di Daniel Ellsberg è lasciato al caso. Anche la morte della madre e della sorella in un incidente stradale è ricondotto alla sua personalità e appare come il pulsante di accensione del suo pensiero futuro e delle sue scelte a venire.
Un’appassionante indagine storica, biografica, documentaria che si merita totalmente la nomination all’Oscar 2010 e che vi invito a rintracciare perché è, inoltre, un’ottima visione sull’importanza della libertà di stampa e di pensiero che purtroppo, ancora oggi, ormai entrati appieno nel Terzo Millennio, continuano ad essere messe in discussione dai piani alti della politica nazionale e internazionale.
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