Il distretto biomedicale di Mirandola non trema davanti al terremoto
In Emilia-Romagna la terra sembra non voler smettere di tremare, dal 20 Maggio 2012 pare non riuscire a ritrovare la pace che caratterizzava la Pianura Padana e per tale motivo l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) si è trovato a rivedere le sue mappe di pericolosità sismica, elevando il rischio sismico nel Nord Italia.
“Sarà davvero la fine del mondo che si avvicina?”: persino i più scettici hanno d’istinto pensato alle profezie Maya della fine del mondo, prevista il 21 Dicembre 2012.
Maya o non Maya la vita deve proseguire. In Emilia, il terremoto non ha colpito semplicemente una zona di terra, ma edifici, aziende e la vita delle persone. Persone, come Maria Nora Gorni, proprietaria dell’azienda produttrice di dispositivi medicali monouso Ri.Mos., che sanno benissimo che se l’economia si ferma sarà difficile dare un futuro a quella terra, quando cesserà di tremare.
La dottoressa Gorni, come molti imprenditori del distretto biomedicale di Mirandola, non si è lasciata sopraffare dalla paura o frenare dai tempi lenti della “macchina dell’emergenza”, dovuti alle procedure burocratiche. Consapevole che bisognava agire subito, d’altronde i 76 paesi riforniti dalla Ri.Mos. non sono stati colpiti dal terremoto e le esigenze delle aziende sono restate invariate, si è attivata per far riprendere le attività il più presto possibile: ha convocato, a proprie spese, dei tecnici per valutare l’agibilità degli edifici e ha attrezzato una tensostruttura provvisoria nel cortile dell’azienda, dove spostare momentaneamente gli uffici operativi.
Vi sono state numerose polemiche sulla volontà delle aziende terremotate di riprendere a lavorare, interessate secondo molti più al profitto che alle persone; invece nella realtà Ri.Mos. così non è stato: gli stessi dipendenti sanno che dal futuro dell’azienda dipende il loro stesso futuro e sono stati disponibili a spostarsi assieme alla produzione a Brescia pur di mantenere l’azienda competitiva sullo scenario mondiale. Fortunatamente la produzione si è potuta appoggiare all’altra azienda di proprietà della dottoressa Gorni, la Enki srl, dato il tipo di produzione complementare.
Ma la Ri.Mos. non è l’unica azienda ad essersi attivata per risolvere l’emergenza terremoto nel più breve tempo possibile. I produttori di Parmigiano della zona si stanno trovando a combattere contro il tempo perchè, dopo il crollo di alcuni magazzini, molte forme di Parmigiano si sono rotte e vi è l’urgenza di vendere quelle che si sono salvate. Per evitare che il formaggio si deteriori, e dare la possibilità agli imprenditori di non perdere tutto l’investimento fatto, sono partite in tutta Italia vendite di solidarietà delle forme di Parmigiano sottovuoto che hanno riscosso grandi adesioni, una su tutte ‘Un euro per rinascere’ che destina un euro di ogni vendita ad un fondo per la ricostruzione delle latterie terremotate.