LA NOSTRA VITA
di Daniele Lucchetti, Italia 2010, con Elio Germano, Raoul Bova, Luca Zingaretti, Isabella Aragonese, Giorgio Colangeli, Stefania Montorsi, Marius Ignat, Alina Berzunteanu.
“…e la vita continua anche senza di noi, anche senza di noi, che siamo lontani ormai…”
E sulle note di Anima Fragile di Vasco Rossi che uno dei migliori registi nel panorama cinematografico nazionale cuce un approfondito ritratto sociologico della società italiana contemporanea che sembra ormai aver perso la propria etica e la propria morale. La nostra vita racconta la storia di un giovane operaio, Claudio, che, in seguito alla morte della moglie mentre da’ alla luce il loro terzo figlio, cerca di affrontare la sofferenza e il dolore iniziando una folle corsa verso l’arricchimento monetario. Attraverso un mezzo ricatto, Claudio riesce a ottenere in subappalto la costruzione di una palazzina, niente di così apparentemente difficile. La sua estrema esigenza di accumulare denaro lo porteranno a dimenticare ogni senso etico e morale, comportandosi come un qualunque “padrone”,sfruttando extracomunitari e cadendo nella rete di amicizie non proprio affidabili. La storia di Claudio, interpretato magistralmente dal grande Elio Germano e, a mio parere, meritatissima la Palma d’Oro come migliore attore – anche se ex equo Javier Bardem, straordinario interprete in «Biutiful» di Iñárritu – è uno scorcio, brillantemente diretto, di quella che per molti è oggi la società italiana: una nazione, e di conseguenza i suoi abitanti, illusa, sprovveduta e che crede fortemente che con i soldi è possibile comprare tutto, anche i sentimenti. Proprio come spesso fa Claudio nei confronti dei suoi tre piccoli figli che, nel momento in cui avrebbero solo bisogno di sedersi sul “lettone” della loro mamma, il padre glielo vieta punendoli con una sgridata o cacciandoli di fretta dalla stanza. I soldi, l’apparenza, la bella vita sono gli status che animo le giornate di Claudio prima e, ancora di più, dopo la morte della giovane donna. La nostra vita è anche una sorta di racconto di redenzione che, però, non cade nella banalità di ciò che è bene e ciò che è male, non cade nello stereotipo di divisione tra il bene e il male. Ed è proprio questa, secondo me, la forza di questo racconto cinematografico e la bravura di Lucchetti che lo hanno portato a rappresentare la cinematografia italiana sul red carpet della Croisette. La nostra vita è reale, autentica e sopratutto precisa nell’analizzare e nel registrare i comportamenti, gli atteggiamenti e il linguaggio dei suoi personaggi. Un film dal forte coinvolgimento interiore per via del tema della morte, della vita spezzata di una così giovane famiglia romana ma è, allo stesso tempo, un film nel quale vi è un completo coinvolgimento a livello personale e sociale proprio perché si riesce ad entrare immediatamente in empatia con il suo protagonista e con il contesto dal quale è circondato. Una personificazione con la storia intensa che trova il suo apice nel grido di dolore, ma di immensa speranza, di Claudio, durante i funerali di Elena:
“…e la vita continua anche senza di noi, anche senza di noi, che siamo lontani ormai…”.
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